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3.12.07

Storia Piccola Di Speranza

L'uomo sedeva sulla panchina arrugginita. Era un pomeriggio scuro e aspettava il suo amore; rose gialle nella mano destra e il cuore nell'altra. Il vento sfiorava i petali di rosa con la dolcezza di un vecchio che accarezza un bambino, e soffiava. Soffiava come fosse spinto dai suoi pensieri. Sedeva stanco l'uomo. Con una mano tirò su l'impermeabile sgualcito e sporco di fango. La giraffa dal collo lungo accese i suoi occhi: era già sera. Illuminato da quella luce fioca, l'uomo non si smosse dalla sua panchina. Passavano uomini con cani al guinzaglio, piccole vite che condividono la paura della solitudine. Passavano signori imbellettati, che si godono il paradiso in terra perchè tanto non ce ne sarà un altro. Passavano le ore, ed era ormai notte. L'uomo aspettava il suo amore, voleva farsi trovare lì quando sarebbe arrivato. Sì, ma quando? Non lo sapeva l'uomo; non c'era nessun appuntamento, nessuna ora da rispettare. L'uomo aspettava semplicemente il suo amore. Sapeva che sarebbe passato di là prima o poi. Lui l'avrebbe visto e riconosciuto subito. Un scambio di sguardi, cullati dal vento; i fiori gialli, poi il cuore. Il suo amore avrebbe baciato via la tristezza e spazzato via le nuvole scure. Ma ora l'uomo era sulla sua panchina, perchè ormai quella panchina era solo sua e di nessun altro. Aspettava ancora quel bacio. E venne il mattino, poi di nuovo la sera. Passò molto tempo, si alternarono stagioni, ma l'uomo era lì con gli uccelli che lo stavano a guardare. Non si mosse mai, anche quando l'ultima speranza si sciolse al caldo dell'estate. Aspettava il suo amore; nella mano sinistra il cuore nell'altra un bicchiere pieno di monete.

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