BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA! ...AAAAAAAAAAAAHHH!!!



30.12.07

Storia Piccola Di Un'Ape

Era testarda lei. Come una piccola ape continuava a sbattere la testa contro quel vetro che mai l'avrebbe lasciata passare. Ma a lei non importava. Sapeva che non avrebbe mai oltrepassato quel muro invisibile, o forse non lo sapeva affatto, ma non voleva vivere la sua vita senza averci provato. L'avrebbe sbattuta la testa finchè non le avesse fatto male. L'avrebbe sbattuta fino a svenire, anche solo per un attimo, per poi riprendersi e ricominciare a lottare. Quella barricata, linea di confine tra le sue claustrofobiche paure e la libertà di spazi aperti. E lei continuava la sua battaglia, sotto gli occhi della gente e le loro fredde risate. Perchè quelli non capivano, non riuscivano a vedere oltre il vetro. Lei sì invece, aldilà del vetro e dei loro cuori. Nessuno di loro avrebbe messo da parte orgoglio e ragione per inseguire un ideale, per quanto folle e disperato poteva sembrare. Lei non li odiava per questo ed era rassegnata al fatto che avrebbe dovuto combattere da sola la sua battaglia. Perchè era la sua e perchè è giusto così. Ma nel gelo dell'inverno, solo per un momento il vento soffio più forte e spalancò quella finestra. Lei sorrise appena. Sapeva di aver vinto questa battaglia ma che ora sarebbe iniziata la guerra. Volò oltre la finestra tra gli sguardi neri della gente. Aveva un pò di paura, una paura intrisa di coraggio, ma mentre volava via sentiva il vento soffiare dietro di lei.

27.12.07

Christmas With The Yours



I am in the room waiting for Santa and for Claus.
Suddenly, by night, they will arrive;
can’t you feel the typical cling cling cling cling cling?
Presents for the good, coal for the bad:
proprio come diceva mia mamma.

Christmas with the yours, Easter what you want.
Peace between Blur and Oasis.
Christmas with the yours, Easter what you want;
Dont’t throw atomic bombs because it’s Christmas time.

Panettone is on the table, and everybody’s drinking Moscato.
Go to buy a tree, but not a true tree because otherwise it would die die die die die
Panettone is on the table but it is another one;
infatti è quello senza canditi.

Christmas with the yours, Easter what you want
Peace between Lino e Cecchetto.
Christmas with the yours, Easter what you want.
Don’t drop atomic bombs at least at Christmas time.

Proprio come diceva mia mamma.
Sai cosa diceva mia mamma?
Christmas with the yours, Easter what you want.
Peace between Lino e Cecchetto.
Christmas with the yours, Easter what you want.
Livin’ the refreshing world of Christmas.
Monsieur Chirac, garde la bombe chez toi.

Testo di Elio E Le Storie Tese

22.12.07

Notturno

Non ho sonno e non ho molto da dire. Tanto è stato detto, tanto e forse niente. Perchè le parole sono così inutili a volte che dovrebbero sopprimerle. Detto da me è il colmo, un giorno forse mi daranno di che vivere. Ma ci sono dei limiti nelle parole, come fossero gabbie che stritolano le nostre emozioni. Sono così banali a volte, e altre volte ancora così piene di sè che non dicono niente. Che non dicono tutto quello che c'è da dire. Poi aggiungi le catene dell'animo umano, quelle che lo legano alla paura. Anche alla peggiore di tutte, quella di essere felici. Le ho spezzate quelle catene. Non so se raggiungerò quella felicità, ma le ho spezzate. E' un piccolo grande passo per me.
Ti scrivo perchè non ho sonno. E forse non ho sonno perchè ti penso, e pensarti è come il suono di quelle canzoni che non smetterai mai di ascoltare. Tu sei in ognuna di quelle canzoni. Tu sei l'accordo che dolce si lega con gli altri, la melodia che disegna note sempre nuove, un ritmo che ruba il tempo al cuore. Tu come la musica che non smetto di danzare.
Non ho sonno e ne avrò per molto. Forse mi farò un panino. E strano come devo riempire i buchi che lasci dentro di me. Eppure questo non mi sazia, non l'ha mai fatto. Mi accorgo che tu sei l'unica che può riempire quel vuoto allo stomaco. Come quella roba che tutti dicono di non mangiare, ma che è maledettamente buona. La tentazione è enorme, e so già che infilerò la mano nel barattolo. Me ne dovrò fare una ragione, e poi odio le diete.
Non ho sonno ma andrò a letto lo stesso. E' così la vita. Pensi che non riuscirai a dormire, pensi che tutto il male ti terrà sveglio e la notte sarà una lenta e lunga agonia. A volte lo è, niente buonismi da parte mia. Non credo nell'eterna felicità. Credo in quei piccoli momenti che ti danno la forza di andare avanti. Come la certezza che dopo questa notte il sole sorgerà di nuovo, malgrado tutto. E come la certezza che domani mattina mi sarà concesso pensarti ancora. E chi lo sa, uno di questi soli vederti.

Non ho sonno e sono con te ora. Non ti lascerò mai sola. Ci sarò sempre, come quel sole. Come una nuvola, ti proteggerò e ti bagnerò di dolcezza. Ti sfiorerò senza toccarti, com'è concesso al vento. E sarò l'acqua che disegna le tue guance, quando piangerai perchè fuori piove. Fuori e dentro. Finchè il sole non sorgerà di nuovo a scaldarti. Non dimenticarlo mai. Dopo la notte viene sempre il sole. Sempre.

19.12.07

Ho Perso Le Parole



Ho perso le parole
eppure ce le avevo qua un attimo fa,
dovevo dire cose
cose che sai,
che ti dovevo
che ti dovrei.
Ho perso le parole
può darsi che abbia perso solo le mie bugie,
si son nascoste bene
forse però,
semplicemente
non eran mie.

Credi
credici un po'
metti insieme un cuore e prova a sentire e dopo
credi
credici un po' di più di più davvero.

Ho perso le parole
e vorrei che ti bastasse solo quello che ho,
io mi farò capire
anche da te,
se ascolti bene se ascolti un po'.
Sei bella che fai male
sei bella che si balla solo come vuoi tu
non servono parole
so che lo sai
le mie parole non servon più.

Credi
credici un po' sei su Radiofreccia guardati in faccia e dopo
credi
credici un po' di più di più davvero.

Ho perso le parole
oppure sono loro che perdono me,
io so che dovrei dire
cose che sa,
che ti dovevo, che ti dovrei.
Ma ho perso le parole
che bello se bastasse solo quello che ho,
mi posso far capire
anche da te,
se ascolti bene
se ascolti un po'.

Testo di Luciano Ligabue

11.12.07

Storia Piccola Di Un Ubriacone

Tremo. Prendo il drink sul bancone, e il bicchiere di scotch trabbocca lacrime amare. Una sorsata, poi un'altra. Barista, ancora. Mi giro verso i tavoli. Eccoti. Oddio, sei fantastica, forse dovrei dirtelo. Un'altra sorsata. Non mi guardi e se lo fai non so se vedi me o solo un vecchio ubriacone. Anzi lo so. Un vecchio lurido ubriacone che ha solo il coraggio di alzare il gomito, per l'ennesima sorsata. Le parole affogano in gola tra l'alcool e il tabacco, i pensieri dispersi nella nebbia che confonde la mente. Che tu sia maledetto Frank! Alza quel culo bianco e parlargli. No invece. Resto seduto, forse perchè non raggiungerei neanche il suo tavolo. Barcollando, finirei a cazzotti con quel brutto ceffo che continua a fissarmi. Sicuro, quello vede un vecchio lurido misero ubriacone. Beh, resto fermo e la fisso. Un'altra sorsata e m'appendo al fondo del bicchiere. Barista, ancora. Bevo per dimenticare? Non funziona, chi ha messo in giro questa voce aveva solo bisogno di una cazzo di scusa. Io non ne ho bisogno. Un'altra sorsata. Ti vedo ridere, mi si stringono cuore e stomaco. Forse solo il cuore, per lo stomaco è colpa dell'alcool. Non importa, comunque tu ridi, forse sei felice, non ne sono sicuro. Anch'io rido, sempre, ma so di non essere felice. Ma io non sono te, forse tu lo sei davvero. Chi sono io per rovinare tutto? Sono solo un vecchio, lurido, misero e patetico ubriacone, non ti merito. Un'altra sorsata, quasi dimenticavo di bere. Ti guardo, tu non lo fai. Forse dovrei smettere, il bicchiere è quasi vuoto. Forse dovrei lasciarlo lì, venire da te e fare l'ennesima cazzata, e rovinare tutto, ancora. Non lo so, l'alcool mi mette paura e coraggio assieme. Finirò quella bottiglia prima, poi si vedrà, anche se so che non riuscirò a nascondermi dietro quel bicchiere ancora per molto. Ma so che da ubriaco, il dolore farà meno male. E non è il mio dolore che mi spaventa, ma il tuo. E non voglio che tu stia male. Nel dubbio, preferisco farmene io. Barista, ancora.

10.12.07

I Miei Lacci Di Scarpe

Tema in classe: "I miei lacci di scarpe"

Svolgimento

I miei lacci di scarpe sono bianchi e larghi. Sono lunghi e servono a non inciampare perchè se la scarpa si leva uno può cascare e poi stare male e non venire a scuola. Però mamma dice che se non faccio un bel nodo posso inciampare lo stesso anche se le scarpe rimangono abbracciate ai piedi. Così mi lega lei i lacci così io posso andare sempre a scuola e vedere i miei amici. Quando mamma mi lega i lacci delle scarpe io sono contento perchè lei si abbassa e io posso accarezzarle la testa e riempirla di bacini. Quando fa il nodo doppio è meglio perchè le do ancora più bacini e carezze. Però mamma dice che ora sono grande e che devo imparare a farlo io. Sono contento lo stesso perchè tanto quando ho finito di allacciare i lacci delle scarpe corro da lei e la riempo di bacini e carezze lo stesso. Ho insegnato anche a Luca a allacciare i lacci, ma gli ho detto che non voglio i bacini basta che viene a giocare con me il pomeriggio. Poi volevo insegnarlo a Alessia ma lei non ha le scarpe coi lacci così lei allaccia i miei e io le faccio le carezze come a mamma ma i bacini ha detto no. Così adesso ho due nuovi amici e non ho più paura di inciampare.

6.12.07

Storia Piccola Di Due Sassi Che Rotolano

"Mi vuoi bene?", gli chiese all'improvviso. Lui, che fino a prima la fissava, soffiò via il fumo dai polmoni e abbassò lo sguardo. Diede un calcio alla ghiaia che ricopriva il parco, in quella giornata senza sole, sia dentro che fuori. Vide quei piccoli frammenti di mondo schizzare via e pensò che loro due erano nient'altro che questo: piccoli sassi che rotolano. Non hanno meta, saltano i loro piccoli ostacoli e qualche volta si scontrano. Poi, in balia della rabbia del vento o delle lacrime della pioggia, s'allontanano nuovamente. E continuano a mischiarsi tra gli altri sassi, facce anonime come i loro pensieri. "Mi vuoi bene?", chiese di nuovo, e i suoi occhi si tinsero del colore della paura. Lui alzò lo sguardo e il suo volto divenne pietra. "Cosa vuoi ti risponda, dopo tutto questo tempo?". Lei stringeva forte i suoi occhi con quelli di lui. "Solo sì o no", rispose. "Mentirei in entrambe i casi", disse lui e per un attimo s'arrestò. Guardò di nuovo in basso la ghiaia. Facce anonime, e lì in mezzo due piccoli cuori dispersi. Non era questo quello che voleva. Non era questo quello che voleva per lei. "Mentirei. Perchè ti amo". Il vento soffiò, e mosse quei sassi fino a farli sfiorare. Rotolarono all'ombra di un albero e la pioggia non fece più paura.

5.12.07

Il Pazzo E La Stella



C'erano più di mille stelle
in quella fetta di cielo
che il pazzo ogni notte
guardava dalla sua finestra
una di loro che fu cadente
tagliò in due quel firmamento
brillando nell'oscurità
per poi scomparire in un momento.
Fu così che il pazzo chiuse gli occhi
ed espresse un desiderio
perchè la sua mente malata
gli permetteva ancora di sognare.
E chiese al dio del vento
che l'autunno prende per mano
le foglie orfane degli alberi
per portarle via lontano
di soffiare sui suoi pensieri
che finalmente liberi
da farmacie e da catene
possano volare via distanti
distanti da quel mondo grigio
che lo ha bollato come demente
lontano dall'ipocrisia
e dalla cattiveria della gente.
Ma quando aprì di nuovo gli occhi
c'era sempre lo stesso cielo
e capì con il cuore in mano
che nulla era cambiato.
E anche se il fiore della speranza
è l'ultimo a morire
il suo era stato spezzato
ancora prima di poter sbocciare
Il pazzo si rese conto
che quello lì era il suo destino
ma stranamente si sentiva felice,
regalò una lacrima al vento.
Capì che la vita di un uomo
è come quella stella nella notte scura
si brilla di luce nell'arco di un tempo
finchè il buio non ci cattura.

Testo de I Ratti Della Sabina

3.12.07

Storia Piccola Di Speranza

L'uomo sedeva sulla panchina arrugginita. Era un pomeriggio scuro e aspettava il suo amore; rose gialle nella mano destra e il cuore nell'altra. Il vento sfiorava i petali di rosa con la dolcezza di un vecchio che accarezza un bambino, e soffiava. Soffiava come fosse spinto dai suoi pensieri. Sedeva stanco l'uomo. Con una mano tirò su l'impermeabile sgualcito e sporco di fango. La giraffa dal collo lungo accese i suoi occhi: era già sera. Illuminato da quella luce fioca, l'uomo non si smosse dalla sua panchina. Passavano uomini con cani al guinzaglio, piccole vite che condividono la paura della solitudine. Passavano signori imbellettati, che si godono il paradiso in terra perchè tanto non ce ne sarà un altro. Passavano le ore, ed era ormai notte. L'uomo aspettava il suo amore, voleva farsi trovare lì quando sarebbe arrivato. Sì, ma quando? Non lo sapeva l'uomo; non c'era nessun appuntamento, nessuna ora da rispettare. L'uomo aspettava semplicemente il suo amore. Sapeva che sarebbe passato di là prima o poi. Lui l'avrebbe visto e riconosciuto subito. Un scambio di sguardi, cullati dal vento; i fiori gialli, poi il cuore. Il suo amore avrebbe baciato via la tristezza e spazzato via le nuvole scure. Ma ora l'uomo era sulla sua panchina, perchè ormai quella panchina era solo sua e di nessun altro. Aspettava ancora quel bacio. E venne il mattino, poi di nuovo la sera. Passò molto tempo, si alternarono stagioni, ma l'uomo era lì con gli uccelli che lo stavano a guardare. Non si mosse mai, anche quando l'ultima speranza si sciolse al caldo dell'estate. Aspettava il suo amore; nella mano sinistra il cuore nell'altra un bicchiere pieno di monete.